TRIESTE - C'è chi sta programmando l'operazione senza clamore, parlando direttamente con i propri dipendenti. Uno a uno. Altri escono allo scoperto, come un ristoratore di Pordenone - Carlo Nappo - che ammette: «Ho già deciso, pagherò io il tampone rapido ogni 48 ore ai miei dipendenti che non si sono vaccinati. Non posso permettermi di perdere forza lavoro». A monte, infine, la Cgil del Friuli Venezia Giulia, che dopo aver battuto a ripetizione sul tasto della gratuità dei test rapidi per i lavoratori (argomento cassato dal governo a livello nazionale), ora scende in campo per trovare - azienda per azienda - gli accordi interni finalizzati ad abbattere il carico economico del Green pass sui dipendenti.
IL QUADRO
Non solo le piccole aziende, dove i dipendenti variano da uno a dieci e dove l'assenza di una persona può far saltare la giornata o una commessa: ci sono anche grandi realtà che in Friuli Venezia Giulia stanno pensando di affrontare la svolta del 15 ottobre con uno stratagemma non previsto dal decreto del governo: il pagamento dei tamponi rapidi ai dipendenti non vaccinati.
I SINDACATI
Un mese di lavoro senza vaccino, ma con il Green pass temporaneo ottenuto grazie ai tamponi rapidi effettuati ogni 48 ore, costerà a un lavoratore fino a 200 euro al mese. «Il diritto al lavoro è sacro - spiega Villiam Pezzetta, segretario della Cgil del Friuli Venezia Giulia - e non si può pensare di scaricare il costo di una decisione sui lavoratori. Noi siamo sempre stati per il vaccino obbligatorio, ma dal momento che non si è voluto intraprendere questa strada, ora capiamo benissimo le aziende che pagheranno i tamponi ai propri dipendenti». Ma non c'è solo la comprensione, nell'agenda operativa della Cgil del Friuli Venezia Giulia. Azienda per azienda, infatti, si lavora di fino per arrivare ad accordi sindacali in grado di coprire almeno in parte il costo mensile dei tamponi necessari all'ottenimento del Green pass nel caso di dipendenti non immunizzati.
LA STRATEGIA
«Le aziende - prosegue Pezzetta -, soprattutto quelle più piccole, potrebbero trovarsi di fronte a un problema enorme: la mancanza di figure professionali in alcuni settori chiave. Si tratterebbe di figure strategiche che non potrebbero venire a mancare in un momento cruciale come quello della ripartenza». Quindi, fallita la mediazione generale, sia a livello nazionale che sul piano locale, il sindacato ha cambiato strada e strategia, puntando a un'azione fabbrica per fabbrica, piccola impresa per piccola impresa. Degli accordi temporanei con i datori di lavoro (ma al momento non con le associazioni datoriali) per passare almeno a una compartecipazione rispetto al costo del tampone. Una scelta già compiuta ad esempio dai supermercati Natura Sì, presenti sia a Udine che a Pordenone, dove i test rapidi sono già coperti da un investimento della proprietà. Ma anche da tanti piccoli imprenditori che senza accordi sindacali stanno mettendo in campo la stessa soluzione per non rimanere senza personale.