TREVISO - «Si è messo in mezzo per difendere la sua ragazza ed è stato ucciso» ha detto Monica, la mamma di Francesco Favaretto, il 22enne ucciso in via Castelmenardo il 12 dicembre da una babygang composta da dieci ragazzi e ragazze, sei dei quali minorenni, rivolgendosi a degli amici il giorno dopo l’aggressione. Ha pregato ogni giorno affinché suo figlio si svegliasse da quell’incubo, senza mai esprimere odio nei confronti di chi l’ha ucciso, ma quel momento non è arrivato: Francesco è morto ieri mattina dopo oltre dieci giorni di ricovero in area critica al Ca’Foncello di Treviso, senza poterla salutare. Secondo l’Ulss, le sue condizioni erano troppo gravi per un recupero: le due ferite più gravi inferte al torace e al collo sono state giudicate “potenzialmente letali” fin dall’inizio, ma il personale del Suem quella sera era riuscito a salvarlo e a stabilizzarlo, portandolo via da quella pozza di sangue e vestiti logori in via Castelmenardo. Per la Squadra mobile, che continua ad approfondire il rapporto tra i dieci indagati e Francesco, la ragione primaria di quell’aggressività così brutale, il presunto movente rimane legato al panetto di hashish che Francesco nascondeva su di sé e che potrebbe aver stimolato l’interesse del branco. Mamma Monica invece aveva riportato anche un’altra preoccupazione: un debito insoluto nei confronti di qualcuno in città, legato a quel “mostro” che per lei è sempre stata la droga, ma anche ogni distrazione che Francesco avrebbe potuto trovare sulla strada verso casa. Un debito non suo, ma di cui si era fatto carico per amore. Per ora nulla di tutto ciò è stato confermato dalle indagini, ma ulteriori elementi potrebbero emergere dall’analisi del cellulare del 22enne, ritrovato nel Sile dal nucleo sommozzatori di Venezia.