TREVISO - C’è una carenza strutturale. Ci sono i giovani che mettono sempre più spesso l’accento sulla qualità di vita. Quasi il 70% dei contratti proposti è a tempo determinato. E a questo si aggiunge il fatto che nelle zone industriali della Marca di fatto non ci sono servizi: «Manca tutto quel sistema che renderebbe il lavoro più vivibile, più umano», evidenzia Fabrizio Geromel, direttore Cna, mandamento di Treviso. «È tempo di iniziare a ragionare come un territorio coeso - aggiunge - Treviso ha tutte le carte in regola per tornare a essere una fucina di buon lavoro, ma serve una svolta culturale».
I numeri
Il welfare è tra i fulcri di questa svolta. Le imprese trevigiane oggi vedono andare a vuoto più della metà delle offerte di lavoro. Oltre il 55%, per l’esattezza. Non si trovano operai specializzati, tecnici, meccanici, artigiani del legno, saldatori e manutentori. Scarseggiano anche ingegneri e professionisti della sanità. E manca personale per bar, ristoranti e locali. Tra maggio e luglio nel trevigiano sono state messe complessivamente in conto quasi 20mila assunzioni - comprese circa 7mila per giovani con meno di 30 anni - come confermato dal report del sistema Excelsior di Unioncamere.
Ma già si sa che oltre 10mila caselle resteranno vuote. Nello specifico, sempre tra maggio e luglio, bar, ristoranti, pizzerie, gelaterie e locali hanno previsto 2.400 assunzioni. Più di mille sono destinate a cadere per mancanza di candidati. E alcuni locali, come il Rodamata di Collalto, hanno deciso di tenere chiuso fino a quando non verrà reperito il personale necessario. Certo, c’è il drenaggio delle stagioni fatte al mare e in montagna. Fatto sta che il problema in questo settore è sempre più consistente. «Servono investimenti, a partire dall’aumento delle retribuzioni e dal miglioramento delle condizioni di lavoro, con una riduzione delle ore lavorate e maggiori pause durante le festività - avverte Alberto Irone della Filcams Cgil di Treviso - Se non si affronta questa situazione, e a livello territoriale si può fare molto, il problema della carenza di personale non si risolverà. Anzi, si aggraverà».
Patto per il lavoro
A livello generale, solo a maggio erano attese oltre 6.500 assunzioni.
«Viviamo una fase paradossale: le aziende cercano, ma non trovano. Una situazione che, in termini economici, si traduce in un ammanco grave per le aziende trevigiane – osserva De Bortoli – i giovani ci sono, hanno voglia di lavorare, ma spesso non riescono a trovare un legame vero con il mondo dell’artigianato e delle piccole imprese. È il momento di costruire un vero patto locale per il lavoro, capace di mettere in rete scuola, formazione, istituzioni e imprese. E noi imprenditori dobbiamo fare la nostra parte: capire che per un giovane il lavoro non è solo una busta paga, ma significa sentirsi valorizzato, ascoltato, parte di un progetto».
Immigrazione
Tra le 20mila assunzioni in programma, circa 4mila riguardano lavoratori immigrati. Per la Cna è un’occasione che non può essere sprecata. «È urgente strutturare percorsi efficaci di inclusione - evidenziano dall’associazione - non si tratta solo di accogliere, ma di creare le condizioni perché queste persone possano contribuire in modo pieno al tessuto produttivo locale: attraverso la formazione linguistica, il riconoscimento delle competenze, l’orientamento professionale». «In un mercato che fatica a trovare operai specializzati, tecnici e manutentori - si conclude - non valorizzare questa parte di forza lavoro significherebbe perdere un’opportunità cruciale per la tenuta e lo sviluppo dell’economia».