TREVISO - «Ad una mia amica è capitato che alcuni ragazzi condividessero delle sue foto intime» racconta una studentessa. «Anche a me è capitato di essere stata vittima di bullismo quando ero più piccola. L’ho raccontato ai miei genitori che si sono rivolti agli insegnanti, ma la situazione si è risolta quando si sono confrontati mamma e papà con i genitori dei bulli». Queste sono solo alcune delle testimonianze che ieri al Sant’Artemio hanno raccontato i ragazzi e soprattutto le ragazze di Canova, Besta, Giorgi, Fermi, Alberini e Lepido Rocco in occasione dell’incontro organizzato dalla Fondazione Zanetti Ets su revenge porn e cyberbullismo.
Tanti gli interventi e i dubbi degli studenti, che hanno approfittato della presenza della scrittrice Cristina Obber, autrice di un romanzo in cui affronta il tema dell’adescamento sessuale online, e di due funzionari della Polizia di Stato per approfondire soprattutto i rischi della rete. «Ma se possiedo foto personali intime e sono minorenne, commetto un reato?». Questa e tante altre domande sono state oggetto di dibattito durante il convegno. In particolare, sono stati presentati i dati del 2025 relativi ai fenomeni di bullismo e cyberbullismo raccolti dall’Osservatorio indifesa di Terre Des Hommes e della community Scomodo. Davanti ad una platea costituita da circa trecento studenti delle superiori sono stati esposti i risultati di una ricerca che ha coinvolto oltre 2700 ragazze e ragazzi tra i 13 e i 26 anni.
I RISULTATI
Tra questi, l’86% degli intervistati percepisce come pericolosa la condivisione di foto o video con partner e/o amici online. Inviando contenuti personali di questo genere, infatti, si va incontro a diverse rischi, primo fra tutti il revenge porn (58%), seguito dal fenomeno dell’alienazione dalla vita reale (49%), molestie (47%) e cyberbullismo (46%). A farne i conti sono principalmente ragazze, ma una buona percentuale colpisce anche la popolazione maschile. Tra i più piccoli della generazione Zeta, 13-14 anni, questi rischi si percepiscono relativamente poco. «C’è una maggiore consapevolezza del rischio del web, soprattutto con l’avanzare dell’età - puntalizza Raffaele Izzo di Terre Des Hommes -, ma nonostante questo ci sono fattori allarmanti». Uno tra questi è la condivisione delle password degli smartphone, permettendo così ad una persona esterna di avere accesso ai contenuti personali. «Benché il 75% dei ragazzi ritenga sia una violazione della privacy, il 22% pensa sia una concessione normale - afferma-, e il 2% lo apprezza anche come forma di rispetto».
VIOLENZA
Lo studio tratta anche degli atti di violenza subita. Nel campione scelto, il 48% dichiara di esserne stato vittima, prevalentemente di violenza psicologica o verbale (60%), cat calling (52% con netta prevalenza femminile) e atti di bullismo (43%). «È una cifra importante quella relativa alla violenza, è praticamente la metà dei ragazzi - afferma Marzia Terragni, psicoterapeuta -. Se il dato è così alto bisogna ancora fare qualcosa per arginarlo». Episodi di questo genere si verificano prevalentemente a scuola (56%), in luoghi esterni (48%) e di divertimento (47%), mentre la percentuale minore, seppur poco distante dalle casistiche precedenti, tra le mura di casa (38%). «Non bisogna sottovalutare le conseguenze di questi atti - prosegue la psicoterapeuta -. Tra le altre, ci sono la perdita di autostima, l’ansia sociale e attacchi di panico. Ma ciò che fa più male è l’indifferenza generale con la quale si assiste a questi atti: in molti, soffrono perché nessuno interviene quando si verificano episodi di violenza». La maggioranza dei ragazzi si confiderebbe del proprio dolore con qualcuno: primi fra tutti gli amici (46%), poi i genitori (31%) e solo il 2,23% si rivolgerebbe ad un insegnante.