TREVISO - «Ho preso la decisione di andare alla casa di riposo San Vincenzo, dove sono trattata davvero tanto bene. È per questo che ho deciso di fare le "donazioni in modo da potermi assicurare un futuro degno di essere vissuto». Lei, una signora di 78 anni di Montebelluna dalla vita travagliata, ha spiegato così al giudice il motivo per cui a partire dal 2018 ha dato circa 520mila euro alla casa di riposo “San Vincenzo” di Colmirano, una frazione di Alano di Piave con sede legale a Pederobba. Lo ha fatto perché, non avendo parenti stretti e trovandosi finalmente in un posto sicuro e dove si è sentita trattata bene, non voleva avere più preoccupazioni. Ha quindi deciso di passare i suoi risparmi alla struttura che l’aveva accolta in cambio dell’ospitalità per tutto il resto della vita. La somma trasferita, in varie tranche, è stata però ingente. Fin troppo. Fino a suscitare la curiosità della banca dove era depositato il conto che ha subito fatto una segnalazione alla guardia di finanza e a carabinieri bellunesi perché facessero degli approfondimenti. È così saltato fuori che la signora, in passato, ha avuto diversi problemi di natura psichiatrica e che adesso risulta invalida al 100% e ancora affetta da una patologia sempre psichiatrica. Da qui il sospetto che l’anziana fosse stata circuita e che gran parte delle somme incassate siano state utilizzate per ultimare l’acquisto dell’immobile che ospita la struttura. Per questo motivo i due responsabili della casa di riposo, marito e moglie di 33 e 30 anni, sono stati formalmente indagati per circonvenzione d’incapace.
LA TESTIMONIANZA
Ieri la signora, che non si è costituita parte civile, è stata sentita in qualità di testimone. E ha raccontato tutta la sua storia: «Ho passato una vita che non auguro a nessuno - ha detto con grande lucidità - ho sempre vissuto con mia madre e la relazione non è stata per nulla facile». La sua vita è stata un viaggio nella sofferenza: «A metà degli anni '80 - ha ricordato - sono stata una paziente del centro di salute mentale, poi nel 1995 sono stata ricoverata in psichiatria perché parlavo da sola. Ma non lo facevo per strada in mezzo a tutti. Dialogavo con me stessa, al chiuso della mia casa, e discutevo con me stessa dei miei problemi». Dopo la morte della madre, la donna ha continuato a vivere da sola fino a quando non ha potuto entrare in una casa di riposo. «Nel 2008 ho deciso di entrare in una struttura per anziani», ha ricordato. Una permanenza durata dieci anni, poi la decisione di cambiare e andare alla San Vincenzo: «Fino al 2018 sono stata in una struttura diversa. Poi ho preso la decisione di andare alla San Vincenzo, dove sono trattata davvero tanto bene. È per questo che ho deciso di fare le donazioni in modo da potermi assicurare un futuro degno di essere vissuto».
GLI SPECIALISTI
La difesa dei due imputati, affidata agli avvocati Massimiliano Paniz e Valentino Cirri, ieri ha chiamato a deporre anche due periti, gli psichiatri Alberto Kirn e Anna Palleschi, che hanno contestato e smontato pezzo per pezzo la perizia fatta dell’esperto della Procura e basata sullo studio della cartella clinica della donna: secondo questa perizia la 78enne sarebbe stata facilmente suggestionabile e influenzabile. Kirn e Palleschi invece, che hanno visitato la 78enne nel 2022, hanno ribadito che l’anziana a partire da metà anni Novanta aveva iniziato a seguire un percorso terapeutico per curare la forma di schizzofrenia di cui soffriva e che le ha consentito di fare scelte in piena autonomia: «La signora è stata in grado di fare le proprie scelte di vita in modo autonomo e consapevole». Il giudice si è quindi riservato ogni decisione rinviando alla prossima udienza fissata per il 10 giugno.