Via Piave, dopo Bepi Venesian e il Coffee Break anche il Piron d'oro va ai cinesi. «Ormai qui è tutto loro»

domenica 5 gennaio 2025 di Fulvio Fenzo
Via Piave, dopo Bepi Venesian e il Coffee Break anche il Piron d'oro va ai cinesi. «Ormai qui è tutto loro»

MESTRE - Anche il “Piron d’oro” finisce nell’album dei ricordi. «Dopo 24 anni di attività, il Ristorante Al Piron d’Oro chiude e lascia il posto ad una nuova attività. Porgiamo un ringraziamento speciale a tutti i clienti che in questi anni ci hanno accompagnato ed apprezzato, è stato un piacere per noi servirvi, coccolarvi ed essere sulle vostre tavole anche durante il difficile periodo di quarantena dovuto dal Covid», hanno scritto poche ore fa gli ex titolari del locale tra via Sernaglia e via Piave.

Un addio che fa il paio con quello di alcuni mesi fa di “Bepi Venesian” (in questo caso però trasferito alla Pergola di via Fiume) e, più recentemente, del Coffee Break ancora aperto ma con un’altra gestione. Storie in qualche modo diverse, ma accomunate da un minimo comun denominatore: tutti i tre locali, infatti, sono passati in mani cinesi.

L’ADDIO

Qualcuno ha già giocato col nome: «Lo chiameranno “Pilon d’olo”».

Di certo Giuseppe, l’ex titolare di un ristorante che puntava sulla qualità e sui turisti con buone disponibilità economiche, non ha voglia di scherzare: «Perché ho chiuso? Non intendo aggiungere nient’altro», risponde prima di spegnere il telefono. Di certo, chi lo conosce riferisce che si era ormai stancato di lavorare in una zona dove il degrado sembra non finire mai e nella quale, per far spostare trans e travestiti che sostavano davanti al locale, l’ex titolare era stato costretto ad “inventarsi” (ottenendo tutti i permessi del caso) quel plateatico ricavato sulla strada. Una soluzione vincente, anche se poi gli effetti del Covid si sono fatti sentire eccome anche sul Piron d’oro tanto che, per salvare il salvabile del fatturato, per oltre un anno il ristorante si è reinventato in cucina d’asporto. 

«È davvero un dispiacere questa chiusura - commenta Giampaolo Conte che, con la sua pagina Facebook “La voce di via Piave”, testimonia da anni le trasformazioni del rione -. Eravamo entrati in amicizia e Giuseppe era in prima linea per combattere il degrado. Dal suo locale, del resto, si vedono tutti i giardini». Ma la stanchezza (e forse anche la disperazione) ha preso il sopravvento: quando nei primi giorni di dicembre si sono presentati due cinesi pronti a rilevare il locale, il titolare non ci ha pensato due volte e ha ceduto la gestione. Degli arredi caratteristici del Piron d’oro non resterà probabilmente più nulla perché, dalla cucina tipica, il locale dovrebbe diventare un ristorante giapponese. Di cinesi, ma giapponese.

I PRECEDENTI

In quell’angolo tra via Sernaglia e via Piave gli unici italiani rimasti sono ora i titolari della macelleria e della merceria. Il Coffee Break di Ernesto Rosapepe (che un paio di anni fa tentò anche di lanciare un “children pub” per i bambini nei giardini di via Piave, con giochi e gonfiabili) è passato di mano in autunno in maniera quasi indolore, ma sempre con gli occhi a mandorla: a rilevare il locale sono stati i collaboratori cinesi che affiancavano Rosapepe al bancone.

E nel maggio 2024 da via Sernaglia se n’era andato anche “Bepi Venesian”: «È un dato di fatto che via Sernaglia per la sua posizione è più esposta dal punto di vista della sicurezza, fra spacciatori, tossicodipendenti, senzatetto», aveva detto Jacopo Morelli, titolare del locale ora attivo in via Fiume. Al suo posto dovrebbe aprire qualcosa di simile ad un sushi-self service, anche se i lavori di adeguamento del locale avrebbero subito dei rallentamenti, gestito da una cordata di cinque soci. Manco a dirlo, tutti cinesi.

Ultimo aggiornamento: 6 gennaio, 11:16 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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