Brugnaro: "Intercettate per anni persone estranee all'indagine: diritti a rischio"

domenica 25 maggio 2025 di Davide Tamiello
Il sindaco Brugnaro in una foto con la compagna Stefania Moretti
 «Che tristezza, non mi vengono altri commenti. Quello dell’accusa mi sembra un vero e proprio accanimento: in quel fascicolo ci sono centinaia e centinaia di telefonate che non c’entrano nulla con l’indagine. Continuo ad avere fiducia nella giustizia, ma quanta amarezza. Non auguro a nessuno di passare quello che sto passando io». Così il sindaco Luigi Brugnaro, in merito alle intercettazioni telefoniche e ambientali che la Guardia di finanza avrebbe trasmesso, tre settimane fa, alla Procura in vista dell’udienza preliminare del primo cittadino in merito all’inchiesta Palude. «Quello dei pm è un teorema - continua Brugnaro - ma se in ore e ore di intercettazioni, registrate dalle forze dell’ordine al lavoro giorno e notte, non è stato trovato nulla di rilevante significa che non esiste alcuna palude. Un’operazione mastodontica, condotta anche rischiando di violare la privacy e i diritti fondamentali delle persone, per non avere nulla di concreto in mano. Per fare un passo indietro, però, si doveva avere coraggio. Sono certo, comunque, che la verità prima o dopo verrà a galla». All’ufficio del giudice per le indagini preliminari di Venezia sono state depositate, negli ultimi giorni, due istanze riguardanti «numerose captazioni di conversazioni che coinvolgono soggetti estranei all’indagine», cioè il costruttore Genesio Setten, la professionista (e compagna del sindaco Luigi Brugnaro) Stefania Moretti, l’architetto Alberto Torsello e l’imprenditrice Angelica Bonsignori. Le difese del magnate singaporiano Ching Chiat Kwong e del rappresentante italiano Luis Carlo Antonio Lotti chiedono al gip di fissare un’udienza di stralcio per selezionare le registrazioni rilevanti e disporne la relativa trascrizione. Udienza di stralcio per cui si sta preparando anche la difesa di Luigi Brugnaro. «Anche noi ci stiamo muovendo in questa direzione, è un lavoro oneroso di analisi di quel materiale - spiega il suo legale, l’avvocato Alessandro Rampinelli - ma è fondamentale per poter proseguire. Stiamo ascoltando tutte le intercettazioni, parliamo di centinaia e centinaia di chiamate. Molte di queste, certo, sono assolutamente non pertinenti ai fini dell’inchiesta ma lo scopo dell’analisi non è solo individuare le registrazioni inutili. Di certo ci sono delle intercettazioni che per la Procura non sono rilevanti e che per noi, invece, lo sono e le porteremo all’attenzione del tribunale». La Procura di Venezia ha chiesto il rinvio a giudizio dei 34 indagati a cui, già a febbraio, aveva notificato la chiusura delle indagini preliminari. Tanti gli episodi di presunte corruzioni che, nella ricostruzione dell’accusa, avrebbero macchiato il Comune lagunare. Accanto al sindaco, nell’elenco figurano i suoi due più stretti collaboratori: il direttore generale e capo di gabinetto Morris Ceron, e il vice capo di gabinetto Derek Donadini. E ancora: il magnate di Singapore Ching Chiat Kwong, con il suo braccio destro in Italia, Luis Lotti. Oltre naturalmente all’ex assessore Renato Boraso, quello con il maggior numero di contestazioni, per cui a luglio era scattato anche l’arresto con le conseguenti dimissioni. La richiesta dei pubblici ministeri Roberto Terzo e Federica Baccaglini è stata trasmessa all’ufficio del giudice per l’udienza preliminare.
I legali del magnate di Singapore e di Lotti, gli avvocati Guido Simonetti, Simone Zancani e Leonardo De Luca, hanno chiesto di delimitare il perimetro delle captazioni che potranno essere utilizzate nell’eventuale processo. La selezione preventiva del materiale verrebbe così effettuata una volta sola, anziché davanti prima al gup e poi al giudice del dibattimento. Avendo certezza di quali sono le registrazioni ritenute rilevanti, inoltre, gli indagati potrebbero valutare l’accesso a riti alternativi come il giudizio abbreviato. Tra le intercettazioni nel mirino delle difese (compresa quella del primo cittadino) ci sarebbero telefonate con gli avvocati che sarebbero state carpite con il “trojan”, software investigativo utilizzato per rendere i cellulari degli intercettati delle vere e proprie microspie. Quelle conversazioni, da codice di procedura penale, sarebbero però coperte dal segreto professionale.
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