Caro direttore, ho letto la sua risposta di ieri alla mia lettera e, francamente, mi sono un po' stizzito. Primo: lei scrive che non sono un tifoso. Strano, visto che ho giocato a tennis per anni, e mi chiedo: lei invece che ne capisce? Mi vuole insegnare che Sinner gioca bene? Ma questo lo dico io, non lei. Terzo: la mia lettera non era su questo, ma sull'ipocrisia di chi si presenta con la sciarpa tricolore, dichiara amore per l'Italia e poi fugge da ogni obbligo fiscale. Mi accusa di moralismo: ma io non lo sono affatto. Sono un liberale: per me può andarsene dove vuole, basta che lo dica onestamente e non si finga patriota. Infine: abbiamo avuto grandi campioni come Panatta e Bertolucci che le tasse le pagavano qui.
Annibale Bertollo
La risposta del direttore del Gazzettino Roberto Papetti
Caro lettore, non ne faccia un caso personale. Non ho mai scritto che lei non è un tifoso. Ho solo detto che nessuno è obbligato a entusiasmarsi per Sinner. E voglio rassicurarla: non intendevo aprire un dibattito con lei sulle qualità tecniche di Sinner. Non ne sarei assolutamente in grado, non ne ho alcun interesse e credo che non interesserebbe neppure agli altri lettori. Ho cercato solo di spiegare che non capivo il senso (o meglio: lo capisco benissimo) di voler macchiare una grande impresa sportiva come la vittoria di Jannik Sinner del torneo di Wimbledon con polemiche inconsistenti e stucchevoli, solo per potersi fregiare dell'etichetta di bastian contrario o per poter far saper al mondo che c'è chi non sale sul carro dei vincitori.
Lei cita Panatta e Bertolucci, contrapponendoli come esempi di coerenza a Sinner. Ma forse dimentica che anche questi due campioni finirono nel tritacarne delle polemiche per ragioni che con lo sport avevano poco o nulla a che fare. E se oggi ad agitare gli indignati speciali è il moralismo (o il senso di protagonismo), allora, eravamo nel 1976, fu l'ideologia che armò i sostenitori del boicottaggio della finale di Coppa Davis in Cile e i critici dei nostri giocatori. In molti non hanno mai perdonato alla squadra italiana di tennis guidata da Nicola Pietrangeli di essere andata a disputare, vincendola, la finale di Davis nella patria dell'orribile dittatore Pinochet. Anche Panatta e Bertolucci, allora, furono accusati di ipocrisia, di scarso patriottismo oltre che di poca sensibilità democratica. Forse anche per questo Panatta, commentando certe critiche extra sportive rivolte a Sinner, gli ha suggerito: «Non ti curar di loro, ma guarda e passa. Non c'è niente che dà più fastidio ad alcune persone del successo altrui». E direi che con questo scambio di battute, caro lettore, possiamo porre fine alla nostra partita.